La radio (quarta puntata)

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Nonna dai dai che comincia …

Lo zio Serafino aveva lavorato tutta la vita alacremente e se adesso si ritrovava quel gran paramento di casa, il granaio sempre pieno, il cavallo Camillo e tutta quella terra era solo merito suo e non doveva ringraziare nessuno. E quando la domenica dedicava un’oretta buona a insaponarsi nella sua bella tinozza, tagliarsi i baffi e impomatarsi tutto, prima del suo giro domenicale in piazza, non mancava di inorgoglirsi tutto per questa sua sala da bagno che non aveva rivali in paese. Neanche il sindaco ce l’aveva una vasca così con i piedi a zampa di leone, ci scommetteva la testa che neanche il sindaco, né il medico condotto e nemmanco il cerusico potevano vantarsi di avere un bagno così. Da quando poi era arrivata la Clara e le bambine quel gran paramento di casa una reggia era diventata, una reggia di cui lui era il re. Così pensava ogni domenica mattina insaponandosi da capo a piè.  Poi un giorno gli successe di non sentirsi tanto bene e, preso da spavento, chiamò la Clara a gran voce e la pregò di chiamare il notaro che lui doveva fare un atto di donazione prima che fosse troppo tardi … La Clara che aveva trent’anni meno di lui e il cervello veloce veloce lo capì subito il malessere dello zio e tentò di ridargli fiducia rassicurandolo che sarebbe ancora vissuto a lungo se solo si fosse tenuto lontano dalle ozze e magari anche dal gioco d’azzardo che tanto bene non gli faceva. Ma lui insisteva che no, il notaro doveva chiamare… doveva sistemare certe cose perché lei non lo sapeva ma c’era certa gente cattiva in paese che stava aspettando solo la sua morte e lui non poteva lasciarla da sola con due bambine a lottare contro questo mondo pieno d’invidia. La Clara sorrise pensando alla Ersilia che l’invidia ce l’aveva disegnata addosso, quella, e non riusciva proprio a dissimularla in nessun modo. Il notaro comunque non lo chiamò e dopo tre ore lo zio sgambettava arzillo come il giorno prima dopo tutta l’acqua che la Clara gli fece bere ed i tuorli di tre uova freschissime di giornata che lo riportarono in vita e gli fecero dimenticare il notaro.

Nonna dai dai che comincia …

La Clara si era impegnata tanto a riportare in vita la casa dello zio e qualche momento felice l’aveva pure avuto in questa nuova vita senza Giovanni. Dopo tre anni però cominciò a dimagrire visibilmente, le si incavarono le gote che non sembrava neanche più lei e due o tre volte lo zio, tornando a casa, l’aveva trovata con le persiane tutte chiuse distesa a letto con la faccia bianca bianca che sembrava una morticina. Il medico condotto, che a giorni alterni si recava a visitarla, lasciava sempre la stanza della Clara allargando le braccia e dicendo: Melanconia, Serafì, la Clara ha la melanconia. Falle prendere questo decotto due volte al giorno per stuzzicare l’appetito e apri le finestre anche se lei non vuole. La tiriamo un po’ su e poi vediamo … aria fresca ci vuole Serafì, portala in campagna o al mare, questa ragazza deve uscire da qui. Aria fresca e passeggiate.

Nonna dai dai che comincia …

Intanto la casa, da reggia che era, ricominciava ad andare in malora. Le bambine correvano di qua e di là che era impossibile fermarle. Due diavoli. Lo zio Serafino prese una ragazza a servizio che era brava e buona ma non tanto sveglia poveretta e la Clara non dava segni di ripresa. Giorno dopo giorno cominciava a convincersi che era stata l’invidia a colpirla la Clara e forse qualcuno le aveva fatto il malocchio. Ecco cos’era … il malocchio. E come aveva fatto a non pensarci prima! E chi poteva essere stato … la Ersilia, sicuramente e tutta quella stirpe di serpenti dei parenti dell’Emilia, mangiatori di pane a tradimento. Eh già … dannazione. Malocchio… Qua due potevano essere le soluzioni: o la masciara(1) o i Suonatori di San Paolo …ché qua di fascinazione si trattava o di taranta.

  1. maga, fattucchiera

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 P.S. E qui il video andrebbe guardato perchè questa storia del tarantismo merita davvero un approfondimento. E’  una storia affascinante di cui la “pizzica” che va ora tanto di moda non è che l’aspetto più superficiale.