La tartaruga un tempo fu …

Svirgola’s Tartaruga su noce

Tartaruga.jpgPitturando la mia piccola tartaruga su noce pensavo che mia madre forse aveva ragione quando mi diceva: Certe cose non si dicono … e a casa nostra certe cose non si dicevano, non si dicevano mai. Mai. I sentimenti non si dicevano mai. Forse per questo mi sono messa a scrivere. Se non li potevo dire, almeno li potevo scrivere. Ora che ho una certa età però forse dovrei saperlo che certe volte i sentimenti possono anche non essere scritti. Possono mettere in imbarazzo. Possono essere male interpretati. E chi ce l’ha la chiave per capire certe esternazioni! Devo essere più cauta. Andarci piano. E certe volte sentire senza necessariamente dire e senza necessariamente scrivere. Ma questo post non sarà mica in contraddizione con questa nuova linea di condotta? E chi se ne frega. Così pensavo. Punto.

Il modello rosso

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Chi ha avuto la ventura di conoscermi come blogger in passato, sa già che ho una particolare predilezione per Magritte, per i suoi amanti e le sue pagine bianche ma oggi ho scelto un altro dei suoi mirabili quadri ad accompagnare un post che mi è stato sollecitato in un commento. Fino a qualche mese fa ho avuto una salute di ferro e a parte gli acciacchi di stagione, la nevralgia al trigemino che un paio di anni fa mi ha dato filo da torcere per un annetto circa, un intervento alle tonsille intorno ai trenta anni (clinica privata convenzionata a Quartu Sant’Elena, da evitare mi raccomando!) in cui ho rischiato di rimetterci le penne … diciamo che avrei potuto definirmi “di sana e robusta costituzione”. La realtà è che sono una fumatrice impenitente da decenni (diversi decenni) e questo mi rende un soggetto a rischio e per dirla tutta sono anche un po’ fatalista. E qui mi fermo senza chiosare e passo oltre. All’inizio dell’estate, ma in periodo ancora lavorativo, mi sono ritagliata il tempo di una visita medica  e nel giro di qualche giorno dalla visita, un esame istologico ha confermato il timore del mio dermatologo. Un  carcinoma maligno mi stava divorando la gamba destra. Dall’esito dell’esame istologico all’intervento chirurgico non sono passate neanche due settimane durante le quali sono passata dalla paura, al bilancio di quanto fatto a quel momento, ho pensato a tutte le cose da mettere in ordine prima di salutare, ho pensato ai diari segreti da distruggere, ho pensato di fare testamento (ci ho solo pensato non l’ho fatto), a chi lasciarli tutti i miei tesori? e soprattutto i libri? ho organizzato un “ultimo” pranzo di famiglia con la tavola apparecchiata di tutto punto e la cura di ogni dettaglio, insomma un pranzo da ricordare e soprattutto mi sono fatta “programmare” l’intervento in una data che mi consentisse di finire l’ultimo compito che mi era stato assegnato sul lavoro. Non volevo uscire di scena senza averlo portato a termine quel compito (che scema!). Ho anche sperato che la situazione non fosse compromessa fino a quel punto … penso di avere umanamente reagito come tanti avrebbero fatto, in modo assolutamente poco originale. Mi sono “affidata” ai medici completamente e cos’altro avrei potuto fare? E poi finalmente mi hanno “tagliato”, bontà loro, e ho cominciato la convivenza con la mia gamba tagliata, una nuova compagna di strada. L’ho medicata, l’ho curata, l’ho anche viziata un po’, a momenti.

Come sto ora? Beh, credo bene. Spero bene ma non ne ho la certezza assoluta perchè il caso ha voluto che il primo esame istologico (pre-intervento) abbia diagnosticato un carcinoma maligno di un certo tipo (non scendo nei dettagli ché credo che alla fine poco importi) mentre l’analisi condotta post intervento ha condotto a diagnosticare un carcinoma maligno di altro tipo e questo non è scientificamente possibile, cosa che mi è stata confermata da una delle mie nipoti che fa l’oncologa a Genova. Certo potrei farmi dare i vetrini dall’ospedale e andare a farli analizzare altrove e forse prima o poi lo farò. Per adesso non ci penso neanche perché non riesco neanche a immaginare di dovermi mettere in un “viaggio” di questo tipo. Questo cancro si è mangiato oltre alla mia gamba anche un bel po’ delle mie energie. Mi ha stancato. Quanto mi fido della “medicina tradizionale”? Abbastanza, ma non completamente. Se mi avessero prescritto terapie come la chemio o la radio, le avrei fatte. Nel frattempo, però, pur non rifuggendo dalle terapie classiche per un atteggiamento aprioristico, mi sono documentata su terapie alternative e di “sostegno”, diciamo così. E nella mia vita sono entrati la fondazione Pantellini, l’ascorbato di potassio, la clorella, la pastiglia alla curcuma, la colazione Budwig e una alimentazione più corretta come consiglia il prof. Berrino, che Dio l’abbia in gloria. Non faranno miracoli queste “terapie” ma sicuramente aiutano. All’inizio sono stata molto costante e attentissima a non “sgarrare”. Adesso ogni tanto mi “distraggo” ma che ci vogliamo fare? La costanza non è davvero il mio forte.

P.S. Spero Red di avere soddisfatto le tue curiosità. Inutile dire che i link fanno parte integrante del post.