A che età ci si può definire orfani? Spesso me la faccio questa domanda. Io che ho perso mio padre circa otto anni fa posso a buon diritto “pensarmi” come orfana pur essendo già allora e adesso ancora di più molto “adulta”? Mettendo tra parentesi questa domanda peregrina, oggetto del presente post è la mia “filosofia” che non ho sistematizzato io solo per un motivo anagrafico. Non c’ero quando è stata immaginata. La filosofia di Pollyanna mi accompagna da quando ero poco più che una mocciosa, bimba pacata e “stranijedda” direbbero in Sardegna che invece di scorrazzare per i campi in bicicletta (e qui mi sforzo di ricordare, senza esito, se allora c’erano campi alla mia portata) a rischio di rompersi l’osso del collo leggeva leggeva leggeva. E tra La Piccola Fadette e Pollyanna cominciava a formarsi una visione della vita. A parte una breve parentesi, in età adulta, in cui il segreto di Pollyanna smise di funzionare facendo di me una donna tremendamente disperata … io sono sempre stata tristemente “felice” e in questo ossimoro si rinchiude un po’ tutta la mia vita. E forse questo è solo parzialmente vero. Dovrei dire “la gran parte della mia vita”. Negli ultimi cinque o sei anni infatti l’avverbio “tristemente” pian piano ha cominciato ad allontanarsi facendo posto a un “felice” più pieno. Neanche il cancro degli ultimi mesi ha scalfito il “felice”. Intendiamoci questa felicità raggiunta a fatica non esclude momenti di scoramento, di stanchezza, di crisi. Sono umana anch’io alla resa dei conti …
P.S. Queste riflessioni sono scaturite da una visita sororale. Una delle mie sorelle, affetta da sindrome del Brutto Anatroccolo, è passata a trovarmi qualche ora fa. Ha ammirato il mio mobile bar, chiedendomi di rifarglielo uguale ma proprio uguale eh però … bianco, ha passato in rivista poi tutta la casa, le ceste di frutta, le lampade (ma quelle le aveva già prenotate) e davanti ai meloni “sotto al letto” (eh già ci sono anche quelli) si è fermata a chiedermene la provenienza e, soddisfatta la sua curiosità nel sapere che la varietà dei meloni è quella egiziana ma credo che siano comunque di produzione nostrana, siccome che continuava a guardarli con aria “vogliosa” gliene ho porto uno. Lì, si è illuminata. La felicità per lei sta nelle cose degli altri. Io, invece, se credessi in qualche modo in un qualche Dio lo ringrazierei ogni giorno per tutto quello che ho e che sono, o meglio che sono diventata.
mi si luccicano un tantino gli occhi……al canto in prosa del bel cigno che sei (dillo a tua sorella) 😉
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Grazie (quasi quasi mi sento un po’ in imbarazzo davanti a cotanto complimento). In quanto a mia sorella non glielo posso proprio dire sennò comincerebbe a pretenderti tutto per sè e come si fa con lo stuolo delle tue tante ammiratrici compresa me??? Si può verosimilmente pensare di “darti” tutto a una, a lei? Non credo che si possa fare, con tutta la buona volontà. Non credo. 😉
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ah ah ah…l’ho detto sei sfiziosa mia svirgolosa…ah ah ah
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e una felicità la si sente in come scrivi e in quello che racconti del tuo sentire, del tuo fare e dell’attraversare il quotidiano, in come sai offrirti, aprire, indugiare. Per l’esattezza, quello che io ho sentito sin da subito nelle tue cose qui è il processo stesso del raggiungimento, come fosse sempre in atto. E’, mi pare, il punto esatto dove la fatica finisce e la felicità si lascia afferrare.
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Bello … il processo di raggiungimento sempre in atto. Mi piace. Buongiorno. 🙂
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🙂 a te!
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Mi ripeto ma sei una gran bella persona e hai una serenità faticosamente guadagnata che fa bene a chi ti legge. Grazie per questo. (Sono orfana da 17 anni, non si smette mai di esserlo, di sentirsi orbati della propria essenza, però ci si può convivere). Un abbraccio di buona serata
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Un giorno scriverò qualcosa sulle “orfanelle”. E’ un tema che mi è molto caro ma non voglio anticipare nulla. Una serenità guadagnata e sempre instabile ma è vero, sono serena. Buona giornata.
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La felicità è una brutta bestia eh?
Quando l’hai provata una volta è difficile accontentarsi delle altre sfumature d’emozione.
Ma la padronanza consapevole della felicità è un dono che non si compra.
I meloni si.
Quelli pagati da sé, dicono, siano pure più dolci.
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Francesca quanto hai ragione! A parte che sono più dolci quelli “pagati”, mi dispiace per mia sorella e la sua sindrome da brutto anatroccolo o calimero, non so come sarebbe meglio definirla, ha tanti motivi per stare bene ma non se ne rende conto con lo sguardo tutto puntato sull’erba del vicino. Buona domenica. Bacio, 🙂
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Illuminante il raffronto tra sorelle, la felicità cercata nelle cose degli altri, facile ma soggetta alla ( volubile) buona disposizione altrui, e la felicità trovata in se stessi, più costosa ma più solida nel tempo.
ml
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Ecco, io vorrei arrivare a sentirmi come tu ti descrivi in chiusura del post. Perché ho qualche problema con quello che sono, che sono stata, che vorrei essere e in generale con la strada che ho percorso finora.
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Magari ci arriverai a tempo debito. Speriamo. Un abbraccio.
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Grazie 😘
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Anch’io ho scritto un post su Pollyanna tempo fa… la sua filosofia a suo tempo non ha colpito solo me allora! 🙂 https://sepuoisognarlopuoifarloblog.com/2016/05/24/un-ricordo-speciale/
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