Odio le feste comandate con tutte le loro frenesie. E’ un odio profondo che viene da lontano e non è un antipatico arricciarsi di naso radical chic e un poco snob. Adoro, al contrario, chi sa abbandonarsi al clima della festa, in semplicità. Ieri io e il compagno abbiamo vagato per tutta la mattina nel Parco del Cardeto, qui in Ancona. Da lontano abbiamo guardato il Campo degli Ebrei, tutto sbarrato da ringhiera e cancello chiuso a lucchetto. Il Cimitero degli Inglesi sempre barrato e chiuso a lucchetto l’abbiamo vagamente percepito, passandoci accanto, tutto pieno di vegetazione e rovi così com’è. Siamo quindi arrivati al faro ottocentesco. Poi da lì, prendendo il sentiero dello Scataglini, abbiamo preso a scendere, fotografando la città dall’alto fino a incontrare un gatto bellissimo a quasi fine percorso, che ci ha guardato con aria un poco ironica. Da lì ci si è aperta Ancona vecchia. Deserta di avventori e di rumori. Chiese, bar e negozi rigorosamente chiusi, come conviene a una città che si riversa tutta al mare nel dì ferragostano. Ci sarebbe piaciuto concludere con la pinacoteca, salvo scoprire che era chiusa e non solo per il dì di festa ché chiusa è per la maggior parte del tempo.
Ci siamo consolati con un bel pranzo luculliano che Luisa ci ha preparato, tanto per cambiare e ora dopo ora abbiamo atteso la fine del ferragosto dormicchiando e sgranocchiando noccioline e ceci tostati. Punto.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.