Blog engineering

Oggi pomeriggio mi sono dedicata ad un lavoro di alta ingegneria. Ho rifatto i connotati al blog  mettendo su ben tre gallerie e mi sono anche autolimitata, fermandomi al “tre”. Tante opere sono rimaste fuori. Le matrioske, le lampade, le noci, la cartapesta. Mi sono resa conto che ho davvero prodotto molto in questi mesi. Perchè tutto questo lavorio? Una via di fuga, forse? In parte sì. Da che cosa? Fatemi fare mente locale: ho un lavoro, frustrante a volte ma non sempre però, un lavoro che talvolta può dare anche qualche soddisfazione, ho un compagno che non sarà il migliore dei compagni possibili ma è un buon compagno, attento, premuroso, con una bella testa, senza pregiudizi, forse solo un tantino pedante quando tenta di mettermi troppo in mezzo alle sue passioni (il birdwatching e il birdspeaking vanno bene ma fino a un certo punto); quindi dicevo il lavoro, il compagno e il … cancro. Già. A che punto sta il mio cancro? Non lo so. Lo sto curando con un chemioterapico topico. Altri tre giorni di terapia e poi dovrò stare in stand-by per altre tre settimane. Solo allora, passate tre settimane dalla terapia, si potrà capire se la stessa ha funzionato. Se non ha funzionato, passeremo alla rimozione chirurgica.  Dimenticavo di dirvi che se aprile è il più crudele dei mesi … per maggio bisognerebbe inventare un aggettivo che ancora non c’è. Non c’è niente che possa definire il maggio di un insegnante. E’ il mese in cui ci mettono sotto più che mai. Intanto c’è da finire la formazione, già chè nella buona scuola di Renzi dobbiamo essere tutti (ri)formati, e poi c’è una lista infinita di riunioni, una cosa inimmaginabile cari, una serie di impegni che se non fosse che sono 23 anni che mi stanno frantumando i cabbasisi, uno potrebbe anche pensare che si fa sul serio in quel mondo.

Detto e considerato tutto quanto sopra, qualcuno si può stupire se ho bisogno di mettere delle cesure, a colori o anche in bianco e nero, tra l’anima della mattina e l’anima del pomeriggio, tra il tempo che mi strappano e il tempo che mi riprendo?

Fine del post.

Andata e ritorno

L’andata è stata dura ma il ritorno mi è stato più lieve. Sono partita sotto la spinta di Tullio e, tornando, ho trovato traccia del sostegno di qualcun altro e, vi assicuro, che l’ho sentito nella giornata questo sostegno. Parole? Solo parole da blog? Non per me. Per me, forza. Da oggi mi sono rimessa nelle mani della medicina, dopo avere esitato e temporeggiato un po’. Sapete chi mi ha spinto a superare i cincischiamenti e ad andare a cercare risposte su quello che mi stava succedendo? La mia “grande” amica del blog. E’ strano questo mondo dei blog, con i suoi riti e i suoi “mi piace” che ci procurano sentimenti contrastanti, talvolta. Ma fortunatamente il blog è molto di più dei suoi “mi piace”. E’ un altro modo per darsi una mano, intessere relazioni, trovarsi. Chi frequenta questa mia casa da qualche mese sa già che io sono una 048, che lo sono stata. Quando l’estate scorsa lottavo contro il cancro avevo percepito che quando uno è 048 lo è per sempre, che, per parafrasare una famosa pubblicità, un cancro è per sempre, perchè ti cambia certe prospettive in modo irreversibile. Certo non immaginavo che a distanza di pochi mesi mi sarei ammalata di nuovo. E, invece, così è. E, giusto per esagerare, ne ho ben due. Uno sulla gamba destra e uno sulla sinistra. Le statistiche sono dalla mia parte, difficilmente pare che si muoia del cancro che ho io. Spero di non essere l’eccezione che conferma la regola, ovviamente! Ora la questione è: il primo cancro mi ha regalato i colori e mi ha fatto ingredire in un mondo del tutto sconosciuto. Questi altri due dove mi porteranno? Quali porte nuove mi apriranno?

Riflessione metalinguistica

Pensavo non è quanto meno stravagante che l’espressione latina Q.E.D Quod erat demonstrandum diffusa e usata a livello internazionale, sia diventata in italiano CVD: Come volevasi dimostrare? con tutto un passaggio dal dovere al volere che metalinguisticamente tante cose dice su come funzioniamo noi italiani. Poi pensavo anche altre cose … ma quelle me le tengo per me almeno per ora. Punto. 🙂

Bloggare stanca

Con i blog non è come con i libri. Il libro lo prendi, lo odori, lo leggi. Ne parli bene. Ne parli male. Non ne parli affatto. Bloggare stanca. Implica accudimento. Attenzione. Andare dietro le righe, sopra le righe, sotto le righe di tra un’umanità spesso sofferente. E certe volte ti frustra quest’esperienza quando quella parola che serve, che è vicinanza vera, autentica sim-patia non la trovi. Non la dici. Quando nessuna parola al mondo può sostituire uno sguardo d’intesa o meglio un abbraccio. Punto.

Tagli

Oggi ho operato un piccolo “taglio”, una sorta di piccola autocensura. L’ho fatto scientemente per tema che una mia “esternazione” spontanea e assolutamente priva di malizia potesse essere equivocata e potesse creare qualche imbarazzo a qualcuno. Non che io non possa in qualunque momento motivare e spiegare il mio comportamento e reiterare le mie parole che nascevano spontanee e da un sentimento buono ma mi rendo conto che è il mezzo a porre dei limiti. Non posso pensare di “essere in rete” esattamente come sono nel quotidiano, nell’interazione vis-a-vis dove a parlare non sono solo le parole, ma tutto il corpo, lo sguardo, il tono e dove, in presenza di un equivoco, si può porre rimedio nell’immediatezza senza  attese e indugio di sorta.

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Lucio Fontana -Concetto Spaziale – Attese

P.S. Il taglio è stato fatto non tanto per il mio timore (ne ho tanti di timori che non metto tra parentesi e non taglio) quanto per rispetto.

Traguardo

traguardo

Ebbene sì, è con viva e vibrante soddisfazione che vi annuncio che alle h. 20.00 del 30 settembre del 2016 il primo traguardo, quello più difficile e più ostico, è stato tagliato ma siccome che un pochino di stress me lo devo conservare perchè serena serena del tutto io non ci so stare, una cosuccia che mi impegnerà per almeno una mezz’oretta domani me la sono tenuta. E ringrazio tutti per lo stimolo che mi avete dato. Non credo che ce l’avrei fatta senza il vostro aiuto. Grazie …

Procrastinatrice seriale

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Immagine presa dal web – Autore: Marco Gavagnin

Ieri ho letto una cosa in rete che mi ha fatto “infuriare”. Un post scritto in modo mirabile che ho abbandonato a metà perchè mi ha scatenato mille sensi di colpa che non riuscivo a gestire: Confessioni di una disordinata seriale. Era la fotografia impietosa del mio stato di questi giorni. C’è una cosa che devo fare. Il tempo sta per scadere ed io non mi decido mai a metterci mano. Il mio livello di stress aumenta in modo esponenziale man mano che passano le ore ma ancora non mi decido. Mi sto inventando mille pretesti per non metterci mano ma mi tocca farlo ché si sa che lo stress ci fa ammalare ed io “ho già dato” quest’anno, abbondantemente direi. Riuscirò ad uscire da questo stallo? Non sto tanto bene oggi. Anzi, direi che sto piuttosto male in arnese.

P.S. Il “lieto fine” del post che oggi ho finito di leggere non mi ha aiutato a risollevarmi, purtroppo…

Filo rosso

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Convitato di pietra, chissà se hai voluto giocare a carte scoperte o se sei stato tradito dal gravatar collegato ad altro sito. Solo tu potresti disvelarlo se mai dovessi ripassare a leggere quanto di tanto in tanto scribacchio. Io scrivo sempre per “te”, e in questo “te” di tanto in tanto si incarnano anche “altri” come T, ad esempio, che io ho scelto a mia interlocutrice privilegiata, un’interlocutrice difficile a volte, difficile in modo diverso da come eri tu perchè lei scrive di “cose diverse” ma ne scrive in un modo che ti piacerebbe e anche tanto, secondo me. E’ passata tanta acqua sotto i ponti e tante cose sono cambiate dal tempo in cui tu facevi “incursione” nei miei tanti blog  lasciando parole che mi hanno tenuta “attaccata alla vita” in quel momento di grande confusione e di incommensurabile dolore. Mi hai tenuta attaccata alla vita con le tue parole perchè le parole sono importanti, nel bene e nel male. Qualcuno all’epoca del blog madre pensò addirittura che ti avessi inventato. Te lo ricordi? E invece ti aveva inventato la vita per me, il destino che mi proiettava in avanti laddove io non vedevo niente altro se non un grande buio. “Piove, piano ma piove” scrivevo e poi …la storia di Maria e  le canzoni di Fossati e tanto altro. Ogni tanto ma raramente io ci ritorno nella mia”casa madre” qui in rete, io che sono l’unica ad avere le chiavi di una casa invecchiata e piena di polvere, forse l’unica casa che riconosco come mia, ma non per rileggere i miei deliri passati ma per ritrovare te nelle tue parole. Per risentirti. E ogni tanto quando penso di volere scrivere sul “serio” penso di ripartire da “I racconti dell’Anonimo” perchè così farei se davvero decidessi di uscire dalla dimensione diaristica e scrivere del “mondo altro”. L’assassino torna sempre sul luogo del delitto e meno male perchè in questo grande mondo piccolo piccolo le affinità di spirito ci sono, e ci sono le fratellanze e le sorellanze di parole. Potrei anche dire “il filo rosso”

Blogvagando

dr plonk

Sono stata in un blog che trasudava dolore e rabbia. Post brevissimi ma tremendi. Avrei voluto fermarmi un attimo a dire qualcosa del tipo: Attenta, ragazza che un cancro non te lo toglie nessuno se continui così. Mi sono trattenuta, invece. E mica si può dire sempre quello che si pensa? O forse sì? A parte qualche gesto apotropaico che non avrei mai veduto,  tutt’al più sarei stata mandata anche a quel paese in modo non troppo urbano. Insomma non me la sono proprio sentita di assumermi questo rischio. Eppure sarebbe stato un atto amorevole il mio! Ma chi sono io? Posso davvero pensare di essere libera di blogvagare dispensando amorevoli consigli del tutto gratuiti e non richiesti?

Mi piacerebbe tanto avere la macchina del tempo del  Dr. Plonk e fare a ritroso la mia vita, o almeno tornare a quei quattro o cinque momenti, chiamiamoli salienti, per svuotarli, svuotarli, svuotarli di tutta quella carica di rabbia che hanno innescato nella mia vita. Vero è che mi hanno fatto scrivere tanto quei momenti e questo hanno avuto di buono ma per il resto … che dire? Non è che mi hanno fatto tanto bene alla resa dei conti.

P.S. Il film è notevole. Da vedere.

Message in a Boggle

No, non trattasi di errore ortografico ma di un semplice gioco di parola per lanciare il mio S.O.S.

AAA cercasi disperatamente prete che venga a benedire la mia persona con tutti gli annessi e connessi (casa, macchina, compagno, famiglia di origine et cetera et cetera). Cercasi disperatamente prete che interceda tra me (e i miei piani bassi) e quel (bruno) Dio che vive a Bruxelles ai piani alti.

Che ne dite di una giornata che inizia con un dentista e una pulizia dentaria al mattino (una vera e propria tortura) e finisce con un sinistro con colpa nel pomeriggio? Vi risparmio la parte centrale perchè a dispetto di quanto qualcuno si permette di dire sul mio conto, mi pregio di essere una “buona” io. Una persona buona.

Sarò quindi molto breve. Ho vissuto sulla mia pelle oggi un’altra delle leggi di quel (bruno) Dio che vive a Bruxelles che vado subito ad enunciare:

Se devi commettere un sinistro con colpa di tutto rispetto il conducente del veicolo B (quello impattato) deve avere un Alzheimer conclamato, non deve neanche essere in grado di declinare le proprie generalità, non deve ricordare il proprio numero di telefono e non deve avere alcun credito telefonico nel proprio cellulare.

Non sto esagerando. Immaginate ora un po’ voi quale impresa ardua sia stata la compilazione del CID. Praticamente sono esausta. Mi verrebbe di concludere con un Amen ma forse è meglio aspettare la benedizione di cui sopra.

Canzone del giorno Message in a Bottle ovviamente.