La Cura (del sonno)

Mentre il mondo impazza tutto attorno a me io ho iniziato la mia settimana di riposo assoluto. Me ne spettano due in tutto l’anno, una a gennaio ed una ad agosto. In quel delle Marche in queste due settimane, io dormo. Già ieri in treno mi sono fatta 5 ore su poco più di sei di sonno profondo. E poi di notte, presto, fino a stamattina … sonno. Il caldo (dis)turba un po’. All’una mi sono svegliata che il mio corpo era un tutto unico sudaticcio con le lenzuola e solo una pala sulla testa mi ha consentito di arrivare fino al mattino. Pensando di trovare un minimo di refrigerio verso le sette io e il compagno ci siamo fatti una passeggiata di un’oretta scrutando il cielo in cerca di una implausibile promessa di pioggia. C’erano due nuvolette che. però, non hanno mantenuto la flebile promessa.

Monte Conero da Cittadella

Monte Conero da Cittadella (Ancona)

Viaggio con bagaglio minimo. Non ho pietre, nè pennelli, nè matite nè alcunchè. Giusto un libro con me che intendo leggere ché mi sa che è proprio un gran libro.Palazzo YacoubianLo leggo oggi tra una pennichella e l’altra. Quest’anno, tra tutti i vari passatempo che mi sono inventata, ho trascurato la lettura. Provo a rimediare

Luisa e il silenzio

Tra l’una e le due di stanotte ho finito di leggere il mio primo libro dell’anno.  Avevo letto anni fa un altro piccolo libretto dello stesso autore: Gli amori degli adulti. Mi era piaciuto. Luisa e il silenzio è un libro triste e duro come dura e triste è la solitudine degli adulti. Sicuramente ben scritto, non saprei dire se mi è piaciuto.  Un libro grigio. Mi mancano i colori di Svirgola e le pietre. Non potevo mica portarmeli in viaggio. Cosicchè mi tocca fare altro in questi giorni. La stanza è ingombra di pacchi, pacchetti, buste e bustine. Questa è stata la settimana degli acquisti. Sono piena di cose nuove e carine che ancora non mi appartengono. Approfitto sempre di questi giorni fuori per rinnovare un po’ l’armadio. Una volta tornati al paesello, di mare e pietre torneremo ad occuparci.  C’è poco da spendere lì fuori stagione. Solo l’essenziale. Sono talmente disabituata alle compere che non ho la pazienza del cercare e dello spendere. E’ un mero adempimento ed è così che spesso mi carico di capi che non sono esattamente nelle mie corde e talvolta neanche nelle mie taglie perchè per fare in fretta non provo e misuro ad occhio. Mah …

Ancora qualche giorno e poi si torna alla vita consueta. Io non l’ho aspettata la mezzanotte ieri. Mi sottraggo a certi riti di cui davvero molto poco mi importa. Quando il compagno è arrivato a letto ieri e mi ha fatto gli auguri gli ho solo mugugnato che avevo sonno. Poi all’una una telefonata importuna a cui non si è risposto mi ha riportato al libro di Piersanti. Triste. Duro. Con questo libro sono entrata nel 2017. Mi piace questo numero  … 2017. E’ un numero dispari ed io ho una speciale predilezione per i numeri dispari. Chissà perchè. Mi piacciono di più. E con questo passo e chiudo il mio primo post dell’anno.

Pietra di pazienza

Bellissimo romanzo di Atiq Rahimi da cui è stato tratto l’omonimo film, film bello quasi quanto il romanzo che l’ha ispirato, Pietra di pazienza, che vi consiglio caldamente, mi offre il destro per mettervi al corrente di quello che è il mio ultimo progetto, il progetto ambizioso cui accennavo qualche post fa. Eh lo so bene che più di qualcuno tra voi non ci dorme più la notte tentando di immaginare la prossima “impresa” di Svirgola, vero T.? E’ tutta mia la colpa? E anche tu Francesca, non è che le difese immunitarie ti sono crollate tutte all’improvviso per lo sforzo di immaginare il progetto svirgoliano?  Uscendo da questo svirgolacentrismo (quasi) insopportabile a me medesima ché io preferisco i margini e non i centri, veniamo al dunque. Qualche mese fa mi sono avvicinata al rockpainting ed ho cominciato a collezionare pietre dalle forme più svariate e a decorarne qualcuna. Le suddette pietre che hanno fatto su e giù per la casa, dalla camera degli orrori alla stanza padronale e viceversa fermandosi di tanto in tanto anche in soggiorno, mi interrogano quasi quotidianamente guardandomi con sospetto. Ma perchè non ci lasci un po’ in pace e non ti rassegni? Con le parole forse qualcosa puoi anche fare, sono più duttili, le puoi manipolare a tuo piacimento ma con noi? Ma che pensi di poterci fare con noi? E quando ti ritiri? Rassegnati, cercati un altro passatempo, datti all’ippica, vatti a fare gli ultimi bagni di stagione. Io incasso il colpo e raramente replico. Ma posso dargliela vinta? Mi ci vedete? Una disfatta così totale dopo averle portate su e giù per la casa negli ultimi sei mesi? Procrastinatrice seriale, è vero ma a tempo debito io poi le faccio le cose eh. Forse la sto facendo troppo lunga. Meglio venire al sodo. Cinque o sei mesi fa ho cominciato a lavorare per Natale, ho cominciato per tempo ché il Natale è una cosa seria a casa di Svirgola e il Natale non si fa procrastinare. In breve, pensando a un presepe diverso, ho prodotto all’epoca la seguente natività:

DSCN6645.JPGChe nessuno si azzardi a ridere, mi raccomando. Sapete quanto ci ho lavorato per arrivare al prodotto finito? Solo Gesù, Giuseppe e Maria sanno quanto mi hanno fatto dannare i loro volti. I visi sono la cosa più difficile da fare e prima di arrivare ad avere dei tratti almeno accettabili quante sbavature e prove, ragazzi! La ieraticità di questa natività è assolutamente casuale e del tutto non voluta. So che non faticherete a crederci.

Non completamente soddisfatta di questa prima natività sempre in quel periodo ho prodotto: due San Giuseppe, due Marie, i bambinelli saranno stati almeno tre, due re magi, due asinelli, due buoi e una lavandaia.  Poi è arrivato il cancro o meglio la diagnosi e mi sono fermata. Ora che però sto un po’ meglio vorrei riprenderlo questo progetto e portarlo a termine nei giusti tempi ed è così che mi sono ripresa tutte le mie pietre e sto riflettendo. I sassi di mare sono tutti un po’ troppo piatti. Le Marie e i San Giuseppe non mi stanno in piedi da soli. Hanno bisogno di sostegni. Gli altri personaggi, che sono venuti dopo, si reggono bene da soli. Ora, delle due l’una. O mi trovo delle pietre morfologicamente diverse e li rifaccio entrambi o devo trovare una soluzione alternativa. Se utilizzo quelli già fatti devo rifargli i connotati del volto ché qualcosa ancora non va. Cosa farà la nostra eroina?

P.S. to be continued

Titologenesi

Nella profonda convinzione  che la vita non sia altro che un continuo sistema di rimandi e citazioni e che, nella migliore delle ipotesi, non siamo altro che i replicanti di noi stessi, allorquando mi sono imbarcata nell’impresa di “raccontare” il mio Salento a T, impresa sicuramente ardua e per adesso solo allo stato di promessa larvale, sono andata a scomodare, adattandolo alle mie esigenze contingenti, niente poco di meno che Tahar Ben Jelloun, uno dei miei scrittori preferiti, e il suo Il razzismo spiegato a mia figlia. Chissà come sarà sembrato strano e fastidiosamente assertivo l’uso di questo verbo “spiegare” a T.

Come dice lo stesso Tahar Ben Jelloun, seppure riferendosi ad altro, “… le parole sono pericolose”.

E chi sono io per spiegarle qualcosa? E che stiamo a scuola? La seconda puntata del “Salento spiegato a T” perchè ormai s’intitola così, con buona pace di tutti, la scriverò nei prossimi giorni. Un po’ in testa ce l’ho. E’ il tempo che mi manca e il giusto stato d’animo. Nell’ultimo periodo mi sto occupando prevalentemente di incastri. Diciamo che sto componendo i pezzi di un grande puzzle che mi sta togliendo il sonno e si sta portando via molte ore delle mie giornate, per non dire quasi tutte.

 

Waiting for …ma anche no!

ferragosto

Ma anche no. E qui andrebbe anche bene il “ma anche no” espresso all’ennesima potenza, la non quantificabile ennesima potenza che è sempre e ancora troppo poco per esprimere tutto il mio disappunto.

Pensavo di averla fatta franca almeno per quest’anno e invece mi sa che mi hanno incastrato ancora una volta.

Antefatto di tre giorni fa. Dialogo telefonico tra nipote di qualche anno oltre i venti e zia un po’ anaffettiva, con annessa gamba tagliata e qualche decennio in più sulle spalle:

Nipote: Zia, sei a casa stasera? O vieni dalla nonna?

Zia: (… ehm) Penso di stare a casa. Perchè?

Nipote: Ah … se stai a casa allora ti vengo a salutare.

Zia: Perchè? Parti?

Nipote: No … così.

Zia: Va bene allora. Passa quando vuoi.

Fatto sempre di tre giorni fa. Visita del nipote di qualche anno oltre i venti alla zia un po’ anaffettiva, con annessa gamba tagliata e qualche decennio in più sulle spalle.

Scena: soggiorno di casa scompigliato come sempre. Compagno stravaccato sul divano. Nipote seduto su piccola spiaggina scomodissima con schienale di tela a righe blu, rosse e gialle. Zia seduta su sedia Ikea di quelle che se non ci stai attenta perdono lo schienale sempre male incastrato e cuscino con le piume tutte appollottolate da un lavaggio troppo intenso in lavatrice e centrifuga a 1.500 rpm (revolutions per minute), il massimo della scomodità come dire … siamo nati per soffrire.

Nipote: Zi? E per Ferragosto avete parlato?

Zia: Sì, ne ho parlato con la nonna. Mi sa che io non vengo … siete in troppi e dove ci mettiamo? So che c’è A e poi B e anche C, D non sa se viene, F verrà con tutto il seguito di cani e gatti, G si porta appresso H e L ed M ed N… insomma mi sa che quest’anno salto.

Nipote: Zi, ma ne hai parlato con la mamma? Guarda che ci stiamo, sa?

Zia: No, non ho ancora parlato. Ne parleremo magari domani.

Nipote: Sì, zi. Parlatene. Sai che ci tengo no? Ferragosto è ferragosto …

Zia (tra sè e sé): Eh già ferragosto è sempre ferragosto … come dire ancora una volta: Siamo nati per soffrire.

E visto che il post sta per superare il limite che mi sono autoimposta ché è vero che siamo nati per soffrire ma non posso annoiarvi con tutti questi miei sproloqui, d’ora in poi sarò brevissima. Ieri è venuta mia sorella con il marito a pranzo da me e appena si è sfiorato l’argomento Ferragosto e la possibilità che io quest’anno possa defilarmi: tragedia. Si è rabbuiata tutta. Neanche le stessi dicendo che ho un cancro e che  mi restano appena tre mesi di vita. Mi ha detto che questo proprio non lo posso fare, non tanto a lei o alle altre sorelle, non tanto per B,C,D,F,G,H,L,M,N … quanto per la mamma. E così ci risiamo. Mi hanno incastrato ancora una volta. Chi ha incastrato la zia, la sua dannatissima gamba tagliata e il compagno? La mamma, ovviamente!

P.S. “Tra il pranzo di famiglia e il funerale, preferisco il funerale. C’è un idiota in meno”.

101 Reykjavik, film che ho visto ieri sera. Bellissimo.

Per restare più in tema invece “Pranzo di Ferragosto”, anche questo assolutamente da vedere.

Ogni scarpa una camminata

Credo che sia un effetto della clorella se ieri sera ci ho messo un bel po’ ad addormentarmi. Il ritmo cardiaco era accelerato, decisamente accelerato. Per distogliere l’ attenzione dal mio corpo ho incominciato a pensare alla scrittura. Dora nel suo blog paragona l’atto della scrittura ad un amplesso amoroso, per me invece la scrittura è un atto solitario che nasce da un vuoto, da una mancanza, come le scrivevo in un commento.

“Non si scrive se non da una mancanza” scrivevo io stessa tempo fa altrove.

Per Marguerite Duras (scrittrice che io ho amato visceralmente) “La scrittura è l’ignoto. Prima di scrivere non si sa niente di ciò che si sta per scrivere e in piena lucidità”, cosa che condivido appieno. Qualcuno scrive per terapia, qualcun altro per necessità, alcuni giocano con le parole, qualcuno le strapazza le parole. Per parafrasare Moretti in uno dei suoi film più riusciti (Bianca) “Ogni scrittura una camminata” (il virgolettato è mio).

Io credo che scrivere sia un atto di grande narcisismo. L’atto della creazione. Dal nulla, dalla combinazione nuova di segni già usati o abusati talvolta… tutto un mondo. Ci sono scritture lineari, altre più complicate. A seconda del momento o dell’umore io, come lettrice, prediligo le une piuttosto che le altre. Alcune scritture lavorano per sottrazione, e distillazione del senso e lì il lettore è invitato a partecipare attivamente alla costruzione del senso che non si offre nudo e crudo ma deve essere ri-costruito con un atto ermeneutico non privo di difficoltà, talvolta. E’ il caso di T. che secondo me è una scrittrice nata.

E’ qui che mi si è fermato il pensiero ieri. La tachicardia è passata ed il sonno è arrivato, benevolo. In questi giorni scrivo poco e dormo tanto. Ne ho bisogno.

P.S. Canzone del giorno: Le mie parole

Anche Violette era 048

L’altra sera ho visto Violette. Per essere più esatta mi sono fatta fagocitare da questo film che ho trovato straordinario e mi ha sollecitato a riflettere su tante cose. Non conoscevo la Leduc. Mai letto niente di suo ma ora che so di lei la cercherò e la leggerò.

Nel frattempo ho cercato di saperne di più. Girovagando in rete mi sono imbattuta nella recensione che Sabrina Campolongo ha fatto del suo romanzo  La bastarda, recensione lunga ma puntuale e interessante. La recensione di una scrittrice su una scrittrice.

Qui mi fermo perchè oggi sono davvero a corto di energie.

P.S. L’altro giorno al telegiornale di RAI2 ho visto il video dell’abbraccio a Taranto tra una donna che manifestava contro l’ILVA e un poliziotto. “Siamo tutti 048” diceva la donna … Eh già siamo tutti 048, siamo tutti 048 … è diventato una specie di mantra per me in questi giorni. Siamo tutti 048 , siamo tutti 048, siamo tutti 048 …

Anche Violette è stata 048.

Quasi quasi … mi faccio una frisa

Sono due giorni che non faccio la colazione Budwig. Stamattina sono stata in ospedale per una seconda medicazione e lì ho consumato un cornetto alla crema che non è il massimo da un punto di vista nutrizionale ma fa sempre bene all’umore. Al ritorno dall’ospedale tappa a Cellino San Marco (il paese di Al Bano) dove abbiamo scoperto un forno che fa dei prodotti eccezionali. Abbiamo fatto incetta di friselline ai cereali (un pacco per noi e diversi pacchi per parenti e amici che ci vogliono bene già di per sé ma ce ne vorranno ancora di più quando assaggeranno queste delizie). Confesso che proprio mentre scrivo il post ne sto sgranocchiando qualcuna. Non ho saputo resistere, anche se qualcuno dalla regia mi dice che potremmo anticipare il pranzo se il languore persiste.

Programmi del giorno: pranzo, sonnellino pomeridiano e sessione lettura. Ho iniziato a leggere ieri Uomini nudi. Dopo un incipit che non mi è sembrato molto convincente, ho incominciato a intravedere l’Alicia Giménez-Bartlett che conoscevo, quella di Una stanza tutta per gli altri, Vita sentimentale di un camionista e Giorni d’amore e inganno, insomma la scrittrice che mi è piaciuta a suo tempo. Onde per cui sono determinata a continuare a leggere.

uomini nudi

P.S. Chiudo il post sgranocchiando l’ennesima frisellina. Inutile aggiungere che queste friselline funzionano un po’ come le ciliegie: una tira l’altra.