P.S. Prosa lirica nella forma di (quasi)versi a scandire le pause e il respiro del cuore notturno. Non riesco a immaginare niente di meglio che la canzone che segue come accompagnamento ai miei (quasi)versi notturni.
Il titolo del post inevitabilmente mi riporta alla mente la Marchesini e il trio in una delle loro gag più riuscite che potremmo intitolare “La Fiera dei Luoghi Comuni e delle Ovvietà. Ieri sera un commento di Francesca di “Io e te con un the” mi ha fatto fermare un attimo a riflettere e mi ha anche strappato un sorriso un po’ amaro, devo dire. Laddove lei ha commentato “Il tuo è un bellissimo mondo, chi se ne frega delle proporzioni, qua vogliamo essere felici, non proporzionati…” credo che mi si sia dipinto in volto una sorta di ghigno mentre pensavo che sì è vero qua vogliamo essere felici e non proporzionati, che è una legittima aspirazione umana, quella alla felicità dico, ma quante volte nella vita mi sono sentita felice sul serio? Poche, credo. Da lì un po’ di amarezza che ho subito messo tra parentesi pensando ad altro, rivedendo un bel film di AlmodòvarVolver e dandomi subito appresso a un bel sonno ristoratore. Poi stamattina è accaduto il miracolo. Dopo essermi tirata via un po’ di peli superflui, operazione che non facevo da qualche mese a questa parte, mi sono spalmata la pelle con uno strato abbondante di olio di mandorla e già in quel momento mi sono sentita diversa, più prossima a quello stato di felicità a cui umanamente io e la mia gamba tagliata aspiriamo come la gran parte dell’umanità. E poi, in compagnia del compagno, siamo andati a finire qui:
Cala Serena – Torre Lapillo 26.09.2016
Qui mi sono approssimata ancora di più alla felicità di cui parlava Francesca ma quando poi lentamente sono entrata in acqua per fare il primo bagno della stagione? mi sono sentita la donna più felice e fortunata dell’universo mondo. Il bagno è stato me-ra-vi-glio-so e tonificante. Chiare, fresche e dolci acque (dolci si fa per dire, erano salate al punto giusto). Acqua e sale … Straordinaria sensazione di benessere. Acqua e sale …
Mi sono goduta il sole sulla pelle, diméntica del mondo tutto e altro, dentro e fuori. Oblio di sole, con il consenso pieno della mia gamba tagliata e del relativo piede:
Piede della gamba tagliata
E poi mi sono cercata i materiali per il mio prossimo progetto, progetto ambizioso su cui ancora non vi anticipo nulla.
Quando dopo un paio di ore ho lasciato la spiaggia, la giornata aveva cambiato toni e colori e da estiva era diventata autunnale. Eh già: non esistono più le stagioni di una volta. Dove sono andate a finire le mezze stagioni?
Guardate un po’ qui. Che ve ne pare?
Torre Lapillo a due passi da Cala Serena 26.09.2016
Torre Lapillo: un paese tutto per me e due stagioni in una sola mattina. C’è al mondo qualcuno più felice di me oggi?
P.S. Dopo la doccia altra spalmata di olio di mandorla. Francesca, ma non starò un po’ esagerando? 😉
Questa è più difficile da capire per chi non è salentino e la posto per Startupandrestart che si farà una risata clamorosa quando la sentirà. Ritroverà un quadro di Torre Lapillo su cui tanto abbiamo riso in passato. T, se te la senti prova ad ascoltarla anche tu. Se hai visto la spiaggia di Torre Lapillo a fine agosto magari anche tu l’hai vista un po’ così.
Il Salento è una terra strana, bisogna entrarci “dentro”, entrarci nelle viscere, per amarlo. Non parlo delle “cartoline”, delle città “bomboniera” Lecce, Otranto, Ostuni. Ci vuole poco ad apprezzare questi posti che sono oggettivamente “belli”. Parlo di altro. Metti “Torre Lapillo”. Nato e cresciuto in modo disordinato, paese solo per l’estate, con poche pretese. Il mare è bello se hai la fortuna di vederlo fuori stagione ché in piena estate è un’autentica bolgia. Ha il fascino dell’abbandono, del bianco di calce, del tempo lento, della vita scandita dal sole, di luce abbagliante, delle passeggiate sulla scogliera (che tu non hai visto) con i suoi mille e mille cespuglietti di origano selvatico. Ti posterò delle foto di questi posti strada facendo.
Da giovane io l’ho abbandonato il Salento senza provare nostalgia, mai. Mi sembrava all’epoca un posto abbandonato da Dio e dagli uomini e poi questa terra era troppo legata alla famiglia, al padre e alla madre. Ho scelto la Sardegna come madre putativa e onestamente pensavo che non l’avrei giammai abbandonata. Tornavo in Puglia due volte l’anno, una settimana a Natale e due settimane, in estate. Tornavo per senso del dovere verso la famiglia e per i colori del mare che non riuscivo a trovare belli come quelli di Torre Lapillo neanche in Sardegna. Non era insolito allora sentirmi dire “La Sardegna è bellissima, la natura è meravigliosa, i paesaggi straordinari ma … i colori di Torre Lapillo io qui non riesco a trovarli, i colori del cielo e del mare di quando spira forte la tramontana”.
Quindici o sedici anni fa a Torre Lapillo con me in vacanza venne un’amica sarda, un’amica che mi era molto cara. Quando dall’aeroporto di Brindisi arrivammo in macchina a Torre Lapillo sollevando nuvoloni di polvere lei disse, sgranando gli occhi, e con un fare un po’ scettico circa la bellezza del posto che io le avevo decantato per anni, “Mi sembra di stare a Bagdad”. Vedeva Torre Lapillo come una città teatro di guerra, devastata, abbandonata. Vero è che all’epoca molte strade non erano ancora asfaltate. Lì per lì ci rimasi un po’ male. Mi aveva seguito fino all’estremo tacco d’Italia, finis terrae, e neanche le piaceva. Dopo tre giorni si era perdutamente innamorata del Salento.
Una sera, passando vicino al Gatto Nero, sentimmo una musica frenetica e lei, che era un’entusiasta della vita, mi trascinò nel locale. A suonare era il Canzoniere Grecanico Salentino che poi ho rivisto l’anno scorso e quest’anno proprio qui alla “torre”. Il video è del mio compagno:
Quella sera mi entrò dentro un furore che dopo tre o quattro anni mi ha fatto tornare in questa terra, mio malgrado. E’ stato il mio personale morso della taranta. Da allora la mia vita non è stata più la stessa. Ho cambiato tutto, distrutto tutta una vita in Sardegna, sono tornata e mi sono ri-costruita, non senza dolore e smarrimento, i primi anni in cui ho vagato di casa in casa senza requie. Pizzicata. Già, pizzicata.
C’era un tempo che mi dicevo: un giorno scriverò. Da una casa davanti al mare scriverò. E’ passato tanto tempo da allora e adesso che vivo al mare sembro aver perso tutte le parole. La sintesi in persona. Eh già. Per ora solo il mare ed il suo odore. Parole poche.
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