
Nonna dai dai che comincia …
Passarono quattro o cinque giorni in cui lo zio Serafino spiava la Clara con attenzione in cerca di segni che lo aiutassero a capire che cosa doveva fare con questa ragazza, finché una mattina lo zio le si rivolse con tali parole: Clara, stavo pensando prima che non manca tanto al tuo compleanno e quest’anno vorrei farti un bel regalo … e se ti intestassi questa casa, che ne diresti? La Clara sorrise e scuotendo la testa disse di no. E se, invece, ti lasciassi le terre? Ancora una volta la Clara sorrise facendo di no. Figlia mia, continuò lo zio, io questo ho e te lo vorrei dare. Ma un desiderio non ce l’hai? Una cosa che io ti possa regalare e … La Clara ci pensò sopra appena un po’ prima di dire tutta seria: Sì, zio. Io a casa mia me ne voglio tornare e al mio giardino, tu sei stato tanto buono con me e pure con le bambine in questi anni ed io te ne sono grata ma … ora a casa voglio tornare. Lo zio si fece quasi di pietra ché questa proprio non se l’aspettava, ma se la Clara questo desiderava … e di che cosa vivrai? Io ti aiuto, lo sai, che qua ozze e granai sono sempre pieni, finché ci sono ti aiuto io ma poi? Io non sono mica eterno, sai? La Clara ci pensò un istante e poi disse Zio, e se mi regalassi un bel telaio come quello della Nunzia? Qua in paese ragazze da maritare ce ne sono tante e con i corredi … chissà! Magari ce la posso fare … E fu così che in capo a una settimana Clara, una bambina nella mano destra e una nella mano sinistra, se ne tornò a casa sua con qualche anno in più sulle spalle ma il passo più leggero, come il suo cuore. Lo zio Serafino, la sorvegliò a vista per qualche settimana e quando gli fu chiaro che ormai la Clara stava bene e sì, ce la poteva fare, ce la poteva fare anche senza di lui piano piano la lasciò andare.
Nonna dai dai che comincia …
Tra orditi e trame su un piccolo telaio a 6 licci, la spoletta della Clara volò da mane a sera, confezionando i più bei sogni delle ragazze del paese. E tanto era lo strepito del telaio che l’intero quartiere sapeva le sue ore di sonno e di veglia. Che gran lavoratrice quella Clara, diceva ora la Ersilia in chiesa, l’ho sempre detto io che era una gran donna, onesta e seria. Adesso che si era ripresa la roba che era della famiglia sua, sangue del suo sangue, aveva perso un po’ del suo livore, ma non tutto, la Ersilia. Eh già … non tutto. Tutto aveva ritrovato a casa dello zio Serafino la notte che il biroccio si era schiantato e lo zio Serafino nella caduta aveva dovuto salutare questo mondo per l’ultima volta, aveva ritrovato tutto tovaglie, asciugamani, la imbottita rossa, le lenzuola di lino e quelle di lana ma quella bella radio di radica di noce dello zio Serafino, quella no. Alla Clara era andata e non era mica tanto giusto questo … sarebbe stata così bene quella radio a casa della sua Teresina!
Nonna dai dai che comincia …
Vengo, vengo …
Ce ne hai messo ad arrivare! Non posso fare a meno di dirle quando arriva e lei sorride. Quanto è impaziente questa nipotina quando si tratta delle storie. Chissà da chi l’avrà ereditata questa passione! Così pensa la Clara mentre si sistema dalla parte destra del lettone. La radio è sul comodino di sinistra e sono io l’addetta all’accensione, regolazione del volume e spegnimento a fine puntata, ché la nonna ormai si addormenta dopo due o tre minuti e nei sogni se ne va a mangiare ceci tostati al fuoco col suo Giovanni e se non ci fossi io …
Oggi comincia il nuovo radiodramma: Paese d’ombre. Chissà come sarà questa nuova storia dal titolo così misterioso. Shh!!!
Il bambino bussò al cancelletto di legno, ch’era in tutto simile a quello della casa di sua madre nel vicolo del Carrubo, e aspettò in silenzio; dopo un poco la voce potente e rauca di Don Francesco Fulgheri si fece udire dall’interno della casa: “Chi è?
“Sono io!” strillò Angelo con la sua vocetta, la sua voce da chierichetto, come diceva Don Francesco per farlo arrabbiare. Senza attendere oltre, il ragazzo spinse il cancello, che si aprì con un lungo gemito.
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