Era strano vedere Maria così, non leggeva più, non scriveva, se ne stava lì in lunghi silenzi pervicaci e senza moto, la sua vita in una stanza. Quando cominciò a stare un po’ meglio, provai a farla uscire da casa. Non era facile ché dagli ultimi attacchi di panico che l’avevano presa per strada, lei si era ritratta dal mondo. Qualche volta io però riuscivo a convincerla, bastava che lei avesse il conforto degli ansiolitici nella sua borsetta e la rassicurazione che avremmo evitato i posti affollati e le strade trafficate e cedeva.
Spesso prendevamo una strada di campagna che rasentava il paese; bastava passare la linea ferroviaria, oltre i fichi d’india e i cespugli di more, e Maria riconquistava un’espressione più serena su questi sentieri poco battuti.
Il peggio era passato, almeno così sembrava. Aveva ripreso coscienza. Sembrava riconoscere sua madre ed anche me. Si riappropriava gradualmente dei suoi ricordi, ma guardava sempre da una lontananza, una distanza feroce. Lei non aveva più stimoli, non sapeva che cosa fare della sua vita; non parlava più di università, diceva che ora che Pisa era lontana, non le importava e poi che aveva bisogno di tempo per capire, per capire.
Un giorno affrontai con Francesca l’argomento. “Ascolta Francesca, Maria sta meglio sì, ma non basta, non basta … Io la rivoglio, la rivoglio tutta, sono passati tre mesi ormai, dobbiamo fare qualcosa, i farmaci non bastano più, non ce la riportano indietro. Non vorrei sembrare indiscreta ma ci avete pensato a un’altra terapia? Non trovi che si dovrebbe tentare un’altra strada? Maria ha bisogno di aiuto, bisogna che riesca a focalizzare, bisogna che qualcuno possa aiutarla a ritrovare un filo, a penetrare il click di quel giorno …”.
Francesca mi guardò da una stanchezza, poi disse. “Giulia, Maria sta già molto meglio, non lo vedi? Bisogna aspettare un po’, piano piano ne uscirà. Non abbiamo bisogno di psicoterapeuti. E’ chiaro quanto le è successo. Una crisi di passaggio. Capita a molti a quell’età. Aveva paura di scegliere, di andare a vivere da sola in una città troppo lontana da casa e poi le pressioni di Marco, quelle richieste assurde … come si fa? Come si può pensare di chiedere a una ragazza di 19 anni il matrimonio? Maria non ha retto a tutto ciò ed è crollata, ma sta già meglio, tranquilla, io la vedo in casa come si muove, ne sta uscendo Giulia. Non preoccuparti, vedrai che ce la fa. E’ sempre stata forte Maria, più forte di tutti noi, tranquilla Giulia, tranquilla”.
Non insistetti, ché il suo tono era così definitivo. Non ammetteva repliche.
Poi un giorno accadde una sorta di piccolo miracolo. Passai a trovarla a casa sua. Entrando in cucina sentii la sua risata cristallina: Maria rideva, rideva ancora. Non era sola, c’erano altre risate frammiste alla sua. Uno sguardo d’insieme, mi rimandò un’immagine che nel tempo mi divenne familiare. Seduta al tavolo della cucina, Maria giocava a carte ma con chi? Chi era il ragazzo che mi fece sentire nuda posandomi lo sguardo addosso? Chiunque fosse, lo amavo già. Aveva fatto ridere la mia Maria.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.